domenica 5 settembre 2021

Un nuovo inizio



Ogni fine è un inizio, bisogna solo scegliere dove guardare.



Anna guarda settembre dalla finestra. Gli alberi danzano un ritmo lento, da uno spiraglio s'intrufola l'aria che sa di inizi, pagine di libri nuovi, biancheria pulita. Il vento gentile muove i poster appesi alle pareti cinque anni prima, e quelli scricchiolano appena, tremano al pensiero che forse, presto, verranno destituiti. Anna sospira. La sua camera le mancherà. A volte è stata una prigione, a volte un rifugio, ma ora le appare solo così confortante, i suoi contorni così definiti, gli angoli nascosti a lei noti, i colori e le forme si abbinano in un'armonia inedita. Dalla finestra aperta adesso arrivano le voci dei vicini: ci sono Tiziana e Francesco che come sempre litigano, in dialetto; c'è la ragazzina del piano di sotto che parla al telefono con l'amica e riferisce di conversazioni e chat e luimihascritto e ioglihoscritto; c'è Tina, che accarezza il suo gatto rosso e annaffia le sue rose, e a volte ha lo sguardo perso nel vuoto, a volte invece il sorriso più dolce del mondo. 
Le valigie sono pronte, pesano troppo, e per chiuderle si sono dovuti impegnare in tre. Ora aspettano, in corridoio, che faccia mattina. Ma prima c'è la sera, e la notte, da attraversare. A cena non mangia niente, scansa le domande di sua madre sbuffando, evita lo sguardo di suo padre e i suoi occhi rossi.
La notte invece la passa a far da sentinella ai suoi pensieri, ai dubbi, alle paure. S'insinua la tentazione di lasciare stare tutto, alzarsi, la mattina dopo, andare in cucina e annunciare: "Ho cambiato idea, non parto più, resto qui". Potrebbe farlo davvero. Dopotutto chi ha detto che un cambiamento ha valore solo se è radicale? Ci sono i sogni moderati, le ambizioni modeste, gli obiettivi vicini, e anche quelli possono renderti felice, anche quelli possono bastarti. Per un attimo quel pensiero la rincuora, è ancora tutto possibile: tirarsi indietro, rinunciare, scappare, salvarsi, condannarsi, pentirsi. 
Chiude gli occhi, si addormenta, e si vede ancora lì, cinque anni dopo, a dormire nella sua stanza dall'armonia perfetta, con gli stessi poster appesi alle pareti anche se un po' ingialliti, e le cose tutte ferme al loro posto anche se appesantite da uno strato di polvere. Le stagioni sono passate davanti alla sua finestra. Tiziana e Francesco hanno continuato a litigare fino a quando Francesco non si è ammalato, e lei ha smesso di sgridarlo in dialetto e ha cominciato a parlargli in italiano. Tina ha continuato ad annaffiare le rose e a coccolare il suo gatto, ma il suo sguardo è ogni giorno più assente. La ragazza del piano di sotto sta facendo le valigie, si sta preparando per andare a studiare a Milano.
E poi ci sono sua madre e suo padre, che non si sanno spiegare come sia potuto accadere e non fanno più domande. La casa è abitata da un torpore che non ha più niente a che vedere con la calma, piuttosto con l'angoscia e il vuoto. Abitare quel vuoto, conviverci, è la sua principale occupazione. Così lo riempie di tutte le cose che trova: libri, film, canzoni, ragazzi, cibo, sentendo addosso l'indolenza e il peso di una domenica senza fine. 
Anna si rigira nel letto, le lenzuola la avvolgono in una spirale sempre più stretta. Riesce a vedersi nitidamente, mentre stende i panni al balcone che dà sul cortile dove ha imparato prima a camminare, poi ad andare in bicicletta, e infine a parcheggiare la macchina. Si vede mentre si siede a tavola a pranzo e a cena con i suoi, spettatrice di dolorosi silenzi, o di liti aspre e interminabili: gli occhi seguono il match fino ad arrendersi stanchi a fissare il piatto. "Non ho fame". "Perché non mangi? Anna, devi mangiare!". Qualche volta è felice, perché la tristezza trova il modo di mascherarsi, e Anna manda giù pillole dorate che per qualche istante sono dolci da sciogliere sulla lingua. 
A un certo punto, però, le distrazioni iniziano a scarseggiare, ci vogliono dosi sempre più elevate di emozioni per riuscire a staccarla dalla realtà; gli amici e i ragazzi si disperdono come fanno le immagini riflesse su uno specchio d'acqua. 
Anna vede la ragazza del piano di sotto tornare da Milano ogni fine settimana, poi ogni mese, fino a diventare un fantasma delle feste passate, che fa visita alla famiglia solo a Natale. Dalla sua stanza, Anna sente rotolare le valigie che la ragazza si trascina sempre dietro, e quel rumore le fa tremare le tempie. Tiziana sta traslocando: il divano rosso scorre a rallentatore sul rullo della ditta di traslochi, poi è il turno del cassettone, dei comodini, di scatoloni dal contenuto misterioso e della pianta che Francesco aveva fatto tanta fatica a portare su, mentre Tiziana gli lanciava addosso rimproveri per i suoi acquisti sempre azzardati. Anna è rimasta sola, l'unico che ancora la avvicina è il gattone fulvo di Tina: le gira sempre attorno, quelle poche volte che lei scende in cortile, e qualche volta se l' è ritrovato persino in casa, immobile come una statua, a fissarla e a miagolare. 
I minuti passano lenti, gli anni volano. Anna si rigira nel letto e ora ne ha dieci in più. È ancora estate, e come ogni estate ripensa a come sarebbero andate le cose se avesse fatto una scelta diversa, se avesse avuto più coraggio, se fosse stata capace di chiudere gli occhi e lasciarsi cadere all'indietro, di abbandonarsi. In casa c'è sempre più silenzio, ti entra nello spazio vuoto tra le ossa, ti fa venire i brividi anche ad agosto. Anna non vede più Tina da tempo, e pure il suo gattone rosso sembra non passare più da quelle parti. Una sera, Anna corre sul balcone per mettere in salvo i panni da un temporale estivo, e dal terrazzo di fronte vede scivolare un lenzuolo bianco che si schianta a terra facendo un rumore straziante. Poco dopo lo schianto, il gatto rosso riappare dal nulla e inizia a gironzolare attorno al corpo.
Anna guarda immobile la scena dal balcone, non riesce a distogliere lo sguardo e non riesce a smettere di pensare: "Che fine faranno le rose? Che fine faranno le cose di cui ci prendevamo cura, quando noi non ci saremo più? E di quale delitto ci sporchiamo le mani, quando ci siamo ancora, eppure non ce ne prendiamo cura come vorremmo?".  Anna si sveglia di soprassalto, con il rumore delle ruote e delle ossa rotte sulla ghiaia che ancora le gira in testa vorticosamente. È quasi l'alba, anche quella notte troverà uno spiraglio per far entrare un po' di luce. Si alza e cammina a piedi nudi sul parquet, si avvicina alla finestra, scosta le tende: è ancora tutto addormentato, è ancora tutto possibile.