domenica 5 luglio 2020

Questo Racconto della Domenica non si farà!



Camminavo sola e indisturbata per la stradina di campagna vicino a casa mia. Indisturbata se non consideriamo le zanzare assassine della Bassa, la puzza della terra concimata, tutta natura, l'umidità che qui ti circonda come un'aura (non è Illuminazione, ma sudore).
Quando due uomini dall'aspetto tozzo e contadinesco, l'aria di spaventapasseri con qualche taglia di troppo, mi si sono avvicinati baluginanti come miraggi.
"Ma che vorranno mai questi tipacci? Io vado per la mia strada, quelli per la loro", mi son detta tra me e me.
- Lei è la signora Silvia, vero? - mi ha apostrofato uno dei due, con sguardo truce.
Io mi sono guardata alle spalle, chiedendomi a quale signora potesse mai rivolgersi il nerboruto, ma, neanche a dirvelo, la stradina alle mie spalle era deserta, fatta eccezione per un piccione dall'aspetto assai ignaro che, al mio sguardo carico di speranza, s'è volatilizzato verso cieli migliori.
- Sono Silvia, lei chi è?
Noi - ha detto buttando l'occhio al panciuto compare - siamo stati informati del fatto che lei vuole scrivere un racconto della domenica.

Certe notizie corrono veloci. In effetti avevo in mente, una volta tornata a casa dopo la mia passeggiata quotid domenicale, che mi è utile per schiarire i pensieri e diluire gli istinti omicidi, ecco, avevo proprio in mente di mettermi al lavoro sul racconto della domenica. Lo so, a "mettermi al lavoro" ho sorriso anch'io. È uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo. In realtà a volte non so neanche perché lo faccio, e forse questo è un problema, e traspare, come l'inchiostro invisibile che però in controluce si vede. Ecco, ora dovrei controllare se questa cosa dell'inchiostro invisibile è vera perché mi è venuta così, dal nulla, e sembra carina, sembra azzeccata, però magari non è vera, non ha senso, e allora che figura ci faccio. O forse non è davvero un problema, non sapere o non saper spiegare perché lo faccio. Magari dentro ognuno di noi c'è un istinto che ci spinge a fare le cose anche se non sappiamo spiegarci perché; alcuni lo chiamano dharma, il nostro compito o dovere personale, ciò che siamo venuti a fare nel mondo. "See, vola basso e schiva i sassi", direbbe la mia amica Gaia. Non è vero, lo dico io, però è più carino se lo faccio dire alla mia amica Gaia. Anche perché voi non la conoscete ma lei potrebbe davvero dire una cosa del genere. E comunque lo può dire in tutti i casi perché qui sono io che decido. Ecco, forse per questo lo faccio: perché quando scrivo ho il controllo, placo l'ansia, soddisfo il mio ego possessivo e tiranno. O forse, ve la butto lì, magari lo faccio perché mi diverto e basta. E ora 'sti due bruti cosa vogliono, da me e dal mio racconto della domenica?

- Cosa volete da me e dal mio racconto della domenica?
- Questo racconto non s'ha da fare - ha sentenziato uno dei due con una voce cavernosa e un po' grottesca.
- E perché mai?
- E se poi viene uno schifo, come fa? Guardi che adesso alcuni la leggono. Certo, sono pochi, però la leggono... - ha detto con tono insinuante l'altro barbaro, dondolando la testa come quei cagnolini che alcuni mettevano sul cruscotto dell'auto.
- Mi leggono?
- Ma chi vuoi che la legga - gli ha fatto eco l'amico con una manata sulla spalla - Il punto non è quello, ché tanto non la considera nessuno, senza offesa, eh, signora. Il punto è che non ha visto che ore sono?
- Ho lasciato a casa il cellula...
- Sono le sette e mezza di sera. E lei deve ancora tornare a casa, farsi la doccia, mettersi la crema al cocco, far da mangiare, mangiare...
- Ma guardi, io mangio poco...
- Sparecchiare, pulire la cucina, preparare l'occorrente per domani, discutere con suo padre e suo fratello, che l'aspettano per il secondo round. A pranzo non è andata granché bene, si ricorda?

E chi se lo scorda. Mi illudo sempre di poter parlare con loro come se fossimo tutti adulti, invece siamo tutti bambini sfrattati ed esiliati in questi corpi da grandi. Fingiamo, recitiamo una parte, a volte ci viene bene, altre male, mio fratello e mio padre sono più bravi su certi registri, io su altri, ma è sempre un copione che ci tiene prigionieri. E ci sono un sacco di questioni irrisolte ed emozioni represse che fanno muro e impediscono un confronto razionale. Meccanismi malati che conosco bene. Ho sempre fatto la parte dell'olio che fa scivolare meglio gli ingranaggi, ora invece sto opponendo resistenza, sono ruggine, e ho paura che salti tutto.

- Sì, mi ricordo - dico con aria colpevole e sguardo basso.
- Sa, sono cose a cui deve pensare, non può illudersi di avere tempo per altro.
- E poi, comunque, c'è tutto il resto - ha aggiunto il secondo bruto, con gli occhi che luccicavano.
- Noi abbiamo portato il nostro messaggio, ci pensi bene, mi raccomando. E quando ci avrà pensato capirà anche lei che non è cosa. Noi l'abbiamo avvertita.

I due uomini sono spariti come fantasmi nella pianura.