domenica 23 febbraio 2020

(Dis)accordo inaspettato



“Oggi metterete alla prova il vostro genio culinario con una ricetta innovativa fresca di stampa”, esordì lo chef Rodrigo sventolando a favor di telecamera il suo manuale di ricette.

“Cotoletta vegetale di radicchio trevigiano con panatura di taralli e noci, servita su fonduta di taleggio e accompagnata da albicocche sciroppate in pezzi”.

Du' foglie de insalata e del formaggio co' la frutta!”, si lasciò scappare il cameraman, subito redarguito dallo sguardo aspro dell'assistente alla regia.

“Il fascino di questa ricetta che vi propongo si cela nella fusione equilibrata dei sapori: l'amaro, il salato, il dolce e l'acidulo, in un accordo inaspettato che susciterà anche nel più scettico dei vostri ospiti la più bieca ammirazione”. Seguirono risatine compiaciute dello chef Rodrigo e di pochi ospiti nel pubblico, tra i quali la signora Alma, giunta faticosamente negli studi di registrazione in centro dalla periferia della città, per incontrare dal vivo il suo stellato idolo.

“Fondamentale è il ruolo del radicchio: rosso, lungo, di Treviso. Non si ammettono eccezioni. Come dico sempre: Ci vuole intransigenza, per puntare all'eccellenza!”.

La signora Alma annuì freneticamente, stringendo al petto la sua calibro trentotto.



 

venerdì 14 febbraio 2020

Tutto quello che so sull'amore (ma quale amore?!) - Capitolo II: Che film guardiamo stasera?


Buonasera, eccoci qui per un altro racconto della cript...Ah no, ho sbagliato incipit.
Oggi è San...San...Tommaso? Se non vedo non credo, lui sì che aveva la giusta prospettiva.
San Francesco? Va bene la ricerca spirituale, ma rinunciare a ogni ricchezza... Meno estremista la prossima volta. Forse Sant'Antonio, il taumaturgo? Ecco, sì, qualche miracolo ci vorrebbe proprio.
Ahhh, mi dicono dalla regia che oggi è San Valentino. Mh. Disappunto. Forse sarebbe stato più utile sant'Antonio.

Ebbene, miei prodi lettori, è il quattordici febbraio e siccome la mia vita sentimentale è sempre appesa a un filo che si snoda tra il patetico e il disperato, ho pensato di accomodarmi a letto e stilare per voi una classifica di quattordici film da vedere a San Valentino. Naturalmente non si punta all'esclusività, aggiungete i vostri nei commenti, se vi va.


1 - Harry, ti presento Sally…(1989)






Difficile parlare di un film che è tra i miei preferiti di sempre. Diretto da Rob Reiner (lo stesso di "La storia fantastica", fantasy d'azione e d'amore degli anni '80 che mi permise di sviluppare una delle mie innumerevoli crush, per "Ai tuoi ordini" Westley) e scritto dalla sempre cara mi fu Nora Ephron.
Appartiene senza dubbio ai feel-good movie, ovvero quei film che ti fanno uscire dal cinema (o ti fanno premere esc sul computer) con un sorriso un po' beota stampato in faccia, e un rinfrancante senso di completezza e tenerezza nel petto. Leggero ma brillante nella sua analisi della relazione tra uomo e donna, pone la storica domanda: "Uomini e donne possono essere solo amici?", e cerca di rispondere restando in equilibrio tra luoghi comuni e stereotipi (molti dei suoi epigoni hanno fatto ben di peggio). Il connubio misurato di romanticismo e realismo rende questo film piacevole sia per gli scettici che per gli ottimisti, ciascuno potrà rispecchiarsi in Harry o in Sally, o, come faccio io, in entrambi.




2 - Io e Annie (1977)






Scritto e diretto da Woody Allen, ha vinto quattro oscar: miglior attrice protagonista a Diane Keaton (♥), sulla quale è basato il personaggio di Annie Hall, miglior sceneggiatura originale, miglior regia e miglior film (era l'anno di "Guerre Stellari", i nerd ancora si mangiano i gomiti, w i nerd).
Come ha scritto Nora Ephron, il cui lavoro è stato spesso paragonato a quello di Allen ma "con un punto di vista femminile": "Ci sono due tradizioni nella commedia romantica: quella cristiana, dove c’è un ostacolo alla relazione, e quella ebraica, aperta da Allen, dove l’ostacolo di base sono le nevrosi dei protagonisti". Ed ecco che in "Io e Annie" troviamo un uomo e una donna decisamente nevrotici che cercano di vivere ed analizzare la loro storia d'amore, non necessariamente in quest'ordine. Salti temporali, flashback, proiezioni, ricordi, immaginazioni, split screen, rottura della quarta parete: questo film è un mosaico di pezzi sparpagliati che in qualche modo stanno insieme e intrattengono, tra una riflessione e una battuta.



3/4/5 - Prima dell'alba (1995), Prima del tramonto (2004), Before Midnight (2013)










Scritto e diretto da Richard Linklater, segue la storia di Jesse e Céline in momenti diversi della loro vita: a venti, trenta e quarant'anni. E sapete com'è Linklater, lui il tempo lo deve far passare davvero ("Boyhood", sto parlando con te). Amo i film verbosi in cui i protagonisti fanno poco e parlano tanto, e in questa trilogia li vediamo effettivamente camminare e parlare tantissimo: di filosofia, religione, poesia, vita, morte, amore. Film sentimentale puro, non commedia, per romantici intellettuali (per quanto odi la parola "intellettuale", mentre ne cerco un'altra andate a scaricarvi, legalmente, la trilogia). L'amore è raccontato nelle sue diverse fasi in una storia segnata dal destino e da un'intesa magica. Nulla però è scontato e al sogno e all'incanto del primo film notturno faranno seguito un secondo film avvolto dalle luci morbide del tramonto delle illusioni, ma ancora calde di speranza, e un terzo film che...Beh, il terzo film guardatevelo con una buona tazza di cioccolata calda a fianco, per stemperare l'amarezza.




6 - Sliding doors (1998)




A proposito di destino...Scritto e diretto da Peter Howitt, il film si installa nel filone del "Cosa sarebbe successo se…", espediente narrativo che personalmente adoro e che ritroviamo spesso nei film del già citato Woody Allen. La storia, oltre ad essere accattivante, contiene anche un messaggio che mi ricorda la storia zen del contadino saggio. Ed è con questo film che ho potuto sviluppare un'altra delle mie innumerevoli crush, quella per James aka John Hannah, il tipo brillante ma sensibile perfetto sia nel ruolo di spalla comica che di spalla su cui piangere.




7 - C'è posta per te (1998)





Ed ecco che nella nostra classifica ritorna Nora Ephron, che qui dirige e scrive, insieme alla sorella Delia, il remake del classico di Lubitsch del 1940 "Scrivimi fermo posta". Antesignano delle nostre relazioni divise tra social e identità virtuali, il film racconta una storia d'amore che nasce via e-mail, naturalmente con qualche imprevisto e colpo di scena per i nostri adorabili protagonisti, Meg Ryan e Tom Hanks, al loro secondo film insieme diretti da Nora, dopo "Insonnia d'amore" del '93.
New York, una relazione che nasce virtualmente, il raccontarsi tramite letter...e-mail, il ticchettio dei tasti sulla tastiera del pc: tutti ingredienti che fanno di questo film una delle mie commedie romantiche preferite in assoluto.




8 - Her (2013)







Scritto e diretto da Spike Jonze, rappresenta la prosecuzione del nostro rapporto con la tecnologia e della sua influenza sulle nostre relazioni interpersonali. Ambientato in un futuro prossimo in cui è disponibile un sistema operativo dotato di intelligenza artificiale (e della voce suadente di Scarlett Johansson, nell'originale) capace persino di provare emozioni, il film è una storia d'amore anti-convenzionale e surreale (sebbene potrei raccontarne di peggiori che mi riguardano). Joaquin Phoenix dà il volto malinconico e sospeso tra illusione e disincanto a Theodore, un uomo solo e introverso nel quale molti di noi nerd, passatemi il termine, possono rivedersi. Il finale non lo ricordo, ma ricordo che non mi aveva soddisfatto: se lo vedete, fatemi sapere!





9 - Dieci cose che odio di te (1999)







Teen movie con Heath Ledger e Julia Stiles, è una rivisitazione molto libera, in chiave contemporanea, dell'opera di Shakespeare "La bisbetica domata". Il rapporto odio-amore tra i protagonisti e i loro battibecchi pungenti mi conquistano dalla prima scena, ma il film non trascura le storyline dei personaggi secondari e una riflessione a tratti satirica e leggera a tratti più profonda sulla vita scolastica americana e tutte le sue dinamiche di conformismo, popolarità, ricerca del consenso e della propria identità. Scena indimenticabile: Kat che legge in classe la poesia sulle "dieci cose che odia" di Patrick.




10 - Chiamami col tuo nome  (2017)





Diretto da Luca Guadagnino, sceneggiatura di James Ivory sul soggetto che Guadagnino e Walter Fasano hanno tratto dal romanzo di André Aciman. È un film sentimentale e drammatico, suggestivo, sensuale, semplice eppure d'impatto. Dalla colonna sonora all'ambientazione, dai discorsi sospesi alle passeggiate nella natura, sembra di sbirciare lo svolgersi di un sogno pigro e languido, nell'assolata campagna del nord Italia nell'estate del 1983. Elio e Oliver vivono un amore breve e fusionale, in una bolla che li estranea dal resto del mondo e che permette loro di esistere in una parentesi di libertà e relativa spensieratezza. Timothée Chalamet vale da solo la visione del film, incarna Elio in ogni lieve sfumatura, fino allo struggente finale.




11 - Blue valentine (2010)







Scritto e diretto da Derek Cianfrance, il film racconta il lato oscuro e ordinario di una storia d'amore in crisi. Astenersi amanti delle commedie romantiche, qui i contorni si fanno più cupi e squallidi, come una stanza di un hotel a ore dalle luci bluastre e dall'arredamento eccentrico.
Sollevano un po' il morale (o mettono il dito nella piaga?) alcuni flashback degli inizi della loro storia d'amore. Ryan Gosling e Michelle Williams sono credibilissimi insieme, forse perché il regista all'epoca li costrinse a un periodo di convivenza prima delle riprese (Derek, se hai bisogno di ripetere l'esperimento con Ryan, chiamami in qualsiasi momento).




12 - 500 days of Summer (2009)






Questa è una commedia romantica che mi ha sorpreso per l'equilibrio tra leggerezza e profondità, poiché pone alcune riflessioni: il personaggio di Summer, ad esempio, è quello di una stronza indifferente senza cuore o di una ragazza indipendente e sincera che sa quello che vuole e lo dice chiaramente dall'inizio? Tom è la vittima della situazione, ingannato e ferito, oppure si è costruito da solo un'illusione e ha continuato a vedere quello che voleva vedere, anziché la persona che aveva davanti, come spesso facciamo quando ci innamoriamo? Le risposte non sono scontate, tanto che io stessa ho cambiato opinione rivedendo il film in momenti diversi della mia vita.
In più, ci sono citazioni cinematografiche colte, dirette o indirette, split screen di ispirazione psicologica, una scena di musical: come non amarlo?




13 - La verità è che non gli piaci abbastanza (2009)







Onestamente considero questo un filmetto, a livello di trama e realizzazione, però devo dire che il messaggio di base è di quelli da scolpire nella pietra e nel cervello di qualunque donna nell'età della ragione. Inutile sfinirsi di sensi di colpa, domande, dubbi, paranoie e congetture: se non richiama, se non c'è mai, se non puoi parlargli di cose importanti tipo che è morto tuo zio, se scrive a quindici donne contemporaneamente, eccetera eccetera: la verità è che non gli piaci abbastanza.
"He's just not that into you", come diceva la puntata di Sex and the City da cui il film ha tratto ispirazione. (Sì, Sex and the City ha avuto un impatto tale nella cultura pop da ispirare film a partire da una sola puntata).
Ora, non essere abbastanza per qualcuno fa obbiettivamente schifo, ma il mondo è vasto e l'universo in espansione: ci sarà pure qualcuno per cui essere abbastanza, se non addirittura tutto. Abbiate fede (e qui direi proprio fede religiosa, smuoviamo tutti i santi) e soprattutto concentratevi su voi stesse e sulla vostra vita, non su qualche coglione che non vi sa apprezzare.




14 - Shining (1980)





Un classico thriller-horror tratto da un romanzo di Stephen King. Per quelli a cui San Valentino fa abbastanza cagare.





E dovunque siate stasera, tutti agghindati in un ristorante di facciata a fingere di divertirvi e ad aggiornare le storie di Instagram, oppure annodati sul divano a guardare insieme il vostro film preferito, o a letto da soli a rilassarvi con la vostra serie tv del cuore, mi raccomando, un consiglio: cercate di volervi bene. ♥




domenica 9 febbraio 2020

Sessanta minuti



- Cosa fai, non mangi?

Davide mi aveva parlato, non era la voce nella mia testa, quella voce che a volte prendeva le sembianze di mia madre, a volte quelle della mia coscienza, a volte ancora la faccia di me a tredici anni, cioè solo tre anni prima. Ma in tre anni possono cambiare tante cose: tre anni prima portavo gli occhiali e ancora non avevo scoperto lo shampoo anti-crespo. A parte questo ero la solita ragazzina insicura che passava sempre inosservata. Una musica di sottofondo, un dettaglio sfocato, una comparsa in un film che paradossalmente avrei dovuto dirigere e scrivere io. Avrei potuto assegnarmi la parte principale, maledizione! Invece ero sempre quella senza battute. Incredibile che qualcuno, quel giorno, si fosse rivolto a me, alla me stessa sedicenne, con le occhiaie, gli occhi da triglia e la faccia di chi ha fissato il computer tutta la notte. Incredibile che fosse stato proprio lui a rivolgersi a me. Come diamine aveva fatto a vedermi? Ero così schiva che rasentavo i muri, così silenziosa che ogni volta, quando parlavo, la gente mi chiedeva di ripetere.

- Devi mangiare! Non lo sai che le ragazze troppo magre non sono molto attraenti... - disse ridacchiando, e la sua risatina si spanse nell'aria suscitando altre risate e producendo un'eco amplificata che mi rimbombava palpitante nella testa.

Dissolvenza.

- Ehi, Silvia, Silvia, svegliati! - mi urlava contro l'infermiera della scuola. Ma quale infermiera della scuola, non siamo mica in America. Qui nelle nostre scuole è già tanto se c'è la carta igienica.

- Portiamola in bagno – aggiunse un'altra infermiera.

Le bidelle mi trascinarono così nel bagno della scuola, che era sullo stesso piano, poco lontano dalla mensa dove si era appena consumato il misfatto che avrebbe nutrito le fameliche fauci dei miei compagni di scuola per molti anni a venire. Ero svenuta, che dio mi perdoni. Ma come cazzo parlo, come scrivo, come penso?! “Dio mi perdoni”?? Davvero pensavo 'ste cose a sedici anni? Certo, e avrei voluto morire, e andare all'inferno. Dovevo schiattare all'inferno nelle fiamme insieme a Paolo e Francesca, rosicando tutto il tempo, perché almeno loro avevano provato cosa significa amare qualcuno, ed essere amati. Io invece non avevo neanche avuto un sample di quell'amore, di quell'interesse, non avevo mai sentito il peso lieve di uno sguardo che si posa su di te incuriosito, o rapito. Tutti avevano sempre distolto lo sguardo.

- Sciacquiamole la faccia! - ordinò la capo infermiera, con il tono secco dell'esperienza, di chi ne aveva viste troppe per non sapere come destreggiarsi in quella situazione. La più giovane eseguiva impacciata, soffrendo sotto il peso del mio corpo appoggiato a lei.

Splash. Sciaff. Acqua fredda sulla fronte. Gocce gelate che mi freddano e mi svegliano nell'incubo da cui avevo tentato la fuga, svenendo. Apro gli occhi a soffietto, l'acqua mi sgocciola ovunque, sulle guance, dietro al collo, fino a scivolarmi serpeggiante nella schiena.

- Noo! - grido e mi divincolo – Non voglio, per favore no! – E richiudo gli occhi. Stavolta non svengo davvero, stavolta faccio solo finta, sto facendo finta e le bidelle non sanno che fare. Quella più giovane forse mi ha creduto, l'altra mi schiaffa addosso un'altra manata d'acqua, decisa a non arrendersi ai capricci di una ragazzina.

- E smettila, su!

- Ma fa male! - Grido, ancora incerta su dove mi trovo e sulle persone che sono con me, ma con l'immagine della mensa vivida in testa, ripulita da tutta quell'acqua.

- Deve mangiare, forse... - Propone la bidella più giovane, col tono dubbioso e insicuro di chi è già pronto a scusarsi per la cazzata detta. O a ritrattare, ché intendeva dire altro.

- Asciugale la fronte! - ordina la caposala.

- Dovremmo chiamare un medico? - rincara la neofita, rinfrancata dal suo commento precedente che non ha ricevuto particolari rimproveri.

- Ma va va...Un medico...Sai quante ne ho viste di ragazze come queste? - risponde seccata la caposala – Leggono i giornali con le attrici e le modelle, tutte magre, la prima dieta che vedono decidono di provarla, vanno avanti con una mela e una carota per settimane...E poi ecco, ecco cosa succede. Altro che medico. Un bel piatto di pasta asciutta, ecco cosa ci vuole.

Il cibo risolve sempre tutto. L'infermiera capo lo sapeva, lo pensava anche mia madre, ne erano convinte le mie zie e prozie e mia nonna. E non sto parlando di seguaci della sana alimentazione, del biologico o del veganesimo, né di adepte delle linee guida dell' oms. Sto parlando di spacciatrici di carboidrati semplici, donne efferate che mischiano le proteine, nonne in grembiule apparentemente innocue che quando ti chiedono: “Vuoi il pesce o la carne?”, poi aggiungono: “Va beh, facciamo tutt'e due”. “Vuoi le lasagne o la pasta alla carbonara?...Va beh, facciamo tutt'e due”. Sostenitrici del culto del metabolismo giovanile infallibile, che ti condannano a un futuro di obesità e malattie cardiovascolari. “Facciamo una fritturina!”, diceva mia nonna prima di buttare nell'olio bollente un silos di cibo. Lo sentivi sfrigolare e ne assaporavi il piacere sadico. Stava soffrendo, si rigirava disperato, ustionato, fino al punto di fumo, il punto di non ritorno, e sapevi che sarebbe stato buono, una volta assaggiato, ma poi si sarebbe vendicato. Avrebbe consumato la sua vendetta accanendosi sul tuo corpo lentamente, silenziosamente, mese dopo mese, anno dopo anno.

Il cibo risolve sempre tutto. Avrei ricominciato a mangiare, cinque pasti al giorno, avrei fatto pure la colazione. Dai, fai la brava. Fai la brava. Allineati. Adeguati. Alzati e cammina. Poco importa se ogni passo e ogni respiro ti costano un'energia che non hai. Fingi. Impara a fingere finché non credi alle tue stesse bugie, fino a trasformarle in verità, come hai fatto con le altre.
Non sei abbastanza bella, non sei abbastanza intelligente, non ce la puoi fare, non meriti di essere felice, nessuno potrà mai amarti. Hai creduto a tutto, hai ingoiato tutto il veleno e ora è tempo di una lavanda gastrica e non puoi fare che arrenderti, queste sono cose che non si raggiungono con lo sforzo e il controllo ma con l'abbandono. E allora mi abbandono. L'infermiera più giovane mi tiene il braccio mentre apro la bocca, la caposala infila il tubo e con lo sguardo fisso sentenzia: “Abbiamo solo sessanta minuti”.




domenica 2 febbraio 2020

Il Male



Una, due, tre, quattro...Dodici, tredici, quattordici... 
Il lavandino gocciolava ancora, che stillicidio. Ogni goccia riecheggiava nel vuoto del silenzio con un rimbombo assordante. Qualche gatto randagio era impegnato nel solito fight club di cui mi arrivavano strilli soffocati e rantoli inquietanti, altro che fusa. L'irrigatore dei vicini era partito, puntuale, alle tre. Ecco un'altra notte insonne. 


Non sai mai quando torna a trovarti. Ti aspetta nel buio, sotto il letto, dietro all'anta dell'armadio o riflessa in uno specchio. Magari per un po' non si fa viva e ti illudi che non ne sentirai più parlare e potrai andare avanti con i tuoi giorni e le tue notti, come una persona qualunque, ricacciando in gola l'angoscia, inghiottendo a fatica l'ansia, parando le paranoie con l'uso sapiente di razionalità e distrazioni a buon mercato. Eppure, prima o poi, ritorna. E quell'insonnia lì è un viaggio di sola andata per l'inferno. Gli occhi cerchiati, le palpebre pesanti e immobili, la fronte corrugata dai troppi pensieri, il respiro corto per i ricordi che come fantasmi tornano a tormentarti, le gambe che tremano per le ombre del futuro che ti aspettano minacciose dietro ogni angolo. Quell'inferno non ci tenevo proprio a riviverlo. Avrei approfittato della notte vigile per lavorare al mio romanzo. Così allungai il braccio verso l'interruttore dell'abat-jour e quando questa si accese riuscii a trattenere un grido, ma non un conato di disgusto. Sul parquet mogano scuro strisciava e avanzava lento verso di me...Un serpente! Ritrassi d'istinto le gambe e le abbracciai al petto, poi i secondi divennero ore e il mio respiro si fece apnea. Lo fissavo farsi strada silenzioso verso il mio letto e il mio corpo era immobilizzato, come già infettato dal suo morso. Chiusi gli occhi per riprendere fiato, e quando li riaprii il serpente non c'era più. Il mio letto, il cassettone sulla destra con le foto di me e Luca insieme, i giornali sparsi sul pavimento, sul comodino il blocco con gli appunti per il mio romanzo: tutto era lì, inviolato e rassicurante ritratto di normalità. Una normale notte insonne. Certo che la testa iniziava a vacillare, mi giocava brutti scherzi, dovevo dormire, per forza. 
Mi rigirai ancora un po' nel letto, lasciai accesa l'abat-jour, poi la spensi, la riaccesi, e così via seguendo il ticchettio di un orologio impazzito. Poi, stremata, mi addormentai. 
La mattina dopo mi svegliai esausta, nella testa ancora il ricordo silenzioso e pesante di quell'orribile serpente che strisciava. Lavorai tutto il giorno, ché il mondo non si ferma per consolarti e ascoltare i tuoi incubi, il mondo non sa dei tuoi incubi. Quella notte, sarà stato il sonno arretrato, mi addormentai subito e senza fatica; ma appena chiusi gli occhi si aprì il sipario sulla stessa scena: era di nuovo lì, quel corpo informe e viscido, i piccoli occhi vitrei, e la coda macchiata di cui non vedevo la fine. Cercavo di convincermi che fosse solo un incubo, ma più lui si avvicinava più sembrava reale: attorcigliandosi sulla ringhiera del letto ai miei piedi, risalì, e sentivo il peso del solco che lasciava sul lenzuolo, mentre strisciava verso di me, emettendo un sinistro fruscio. Ero di nuovo intrappolata in quell'angoscia che non lascia via di fuga, paralizzata su un letto da cui non riuscivo ad alzarmi, e davanti a me il Male che guadagnava terreno. Un rumore improvviso e fragoroso mi svegliò dall'incubo: aprii gli occhi di scatto e vidi che una mensola della libreria aveva ceduto, e tutti i libri erano caduti sul pavimento. L'avrei fatta aggiustare, il giorno dopo, o un giorno. Mi rimisi a dormire.


Gli incubi continuarono per tutto l'autunno, mesi di notti insonni e giorni stanchi, vissuti a metà, con l'inferno di quella visione mostruosa che ogni notte tornava a tormentarmi. Chiesi aiuto a un'amica psicologa che non vedevo da anni, e che incontrai per caso un mercoledì di pioggia incessante, mentre camminavo verso il lavoro. Mi disse di passare in studio da lei e ascoltando il mio racconto sentenziò suadente:

- Siamo noi che scegliamo di dare energia a certe cose piuttosto che ad altre...Tu stai dando energia a questo tuo incubo, ci pensi continuamente, con insistenza, e così lo nutri sempre di più, diventa più forte e continuerà a tornare, perché sei tu che glielo consenti.

Mi guardavo attorno sperduta e un po' imbarazzata. Non solo il mio incubo mi intossicava l'esistenza, ma ero anche io la causa di tutto, ero io a permettere che accadesse. Tra lo scettico e il disperato, le chiesi:

- Cosa posso fare perché non torni?

- Semplice. Devi dare energia ad altre cose, fare entrare cose belle nella tua vita, cose che ti facciano emozionare e sentire felice. Vedrai che se ti concentrerai sulle cose belle, se darai energia a quelle, il tuo incubo svanirà.

La ringraziai e mi chiusi la porta alle spalle. Forse poteva aver ragione. Mi sembrava tutto un po' troppo facile, un po' new age, un po' retorico, ma al tempo stesso mi attraeva l'idea di avere in me tutto quel potere: il potere di cambiare le cose con la forza del pensiero, il potere di guarire.
Decisi di provare quella terapia senza controindicazioni, cercando di sfrattare dal mio cuore quella sfiducia e quell'angoscia che lo abitavano, coinquiline della paura, con cui sempre più spesso si scambiavano gomitate d'intesa.


Passarono i mesi e tutto cambiò: il lavoro, gli amici, il mio modo di vedere le cose...Ero andata a vivere con Luca, non andavo più a lavoro controvoglia, stare con gli altri mi faceva piacere, mi sentivo bene. E non facevo più quell'incubo da tanto tempo. Quel venerdì andai a letto prima del solito, verso le undici.

- E quella roba cos'è?! - mi chiese Luca fingendosi scandalizzato e trattenendo un sorriso canzonatorio.

- È una maschera idratante al miele... - scandii sospirando, rassegnata alle sue amorevoli prese in giro.

- Ma perché è verde?

- Ci sono dei cetrioli...Leniscono la pelle...

Partì a sfottermi per la parola “leniscono” e dopo un quarto d'ora di sberleffi ci addormentammo.

E quella roba cos'è? Cos'ho sulla faccia? Ssembro uno zombie con quel colorito verdino, sspento, inquietante...Lascia che mi avvicini un po' per vedere meglio...Sssì, ssembro proprio uno di quei morti viventi che escono dai cimiteri di notte e vagano per la città, brandelli di corpi in cerca di ssangue umano...Sssai che un po' di ssangue farebbe piacere anche a me...Sssolo un poco, ssolo un morsssetto...

Mi guardai il braccio spaventata e il serpente era lì, mi strisciava addosso seguendo le curve delle vene; il suo corpo srotolato su tutto il letto, la sua testa a pochi centimetri da me. La linguetta sibilò con uno scatto che mi fece rabbrividire; puntò i dentini aguzzi contro l'incavo del mio braccio e mi morse. E dal morso aperto e sanguinante si infilò fino a penetrare in tutto il mio corpo e capii che ormai era troppo tardi. Il Male era dentro di me.