- Silvia, ti va di andare in centro a guardare le vetrine?
- Certo, solo quello posso fare, perché se apri il mio portafoglio escono farfalle.
- Farfalle?
- Va beh, poi ti spiego...
- Allora, alle tre passo da te?
- Facciamo quattro e mezza, ché devo depilarmi.
- Depilarti?
- Eh, poi ti spiego...
Alle tre suona il campanello. E io ho una gamba sollevata sul lavandino mentre brandisco un silk-epil in una mano e una striscia di cera bollente nell'altra. Tra i denti, ovviamente, un rasoio a tre lame.
Mi esibisco in una serie di triple bestemmie carpiate con doppio avvitamento e poi, con la morte nel cuore, indosso una vestaglietta discinta e vado ad aprire.
- Chi èèè? - chiedo melliflua, con un principio di ulcera che si fa strada.
- Silvia sono io, Giada!
- Puoi aspettare un attimo che...Entra...
Giada indossa un coordinato bianco avorio con dettagli in stampa tartan beige. Ai piedi, ovviamente, le sue fidate
- Cinque minuti e sono pronta - mi limito a dire.
Dopo circa due ore e quarantacinque minuti io e una sempre più irritata Giada siamo nelle vie del centro a fissare le vetrine. Lei le fissa con circospezione, poi fa una smorfia di disappunto, un'alzata di spalle, e tira dritto. Io mi attacco tipo ventosa con mani, piedi e lingua ad ogni vetrina che esponga qualcosa che mi piace e che costa troppo. Le due condizioni di solito si sostengono a vicenda e non si abbandonano mai. "Sarò mai milionaria?", mi chiedo sognante e malinconica.
- No! - sentenzia Giada - Questo vestito è semplicemente ORRENDO! Ma come si permettono?
- Ma quale? Quello con lo sconto del quaranta per cento?
- Cosa? È scontato?
- Sì guarda, c'è scritto che...
Giada lascia una scia come i personaggi dei cartoni quando scappano, e io mi ritrovo a parlare con il manichino, esperienza alla quale purtroppo non sono estranea.
Seguo controvoglia la mia "amica" nel negozio e subito mi si para davanti La Commessa Stronza.
- La stavo aspettando! - sibila malefica.
- Come scusi? - chiedo io evidentemente turbata.
- Ho detto: "Co-sa sta-va cer-can-do?" - ripete lei infastidita, sillabando le parole.
Io d'istinto mi guardo i piedi, ché se c'è un momento buono per librarmi e prendere il volo come nella pubblicità della Red Bull, potrebbe essere quello.
- Sono con...La mia amica è...
- Sta cercando qualcosa, signora?
- No, aspetto la mia amica che sta provando un vestito...
- Questa non è una sala d'aspetto, mi dica cosa le può servire...Giacche, pantaloni, gonne, vestiti...
...carabine, rivoltelle, fucili a canna liscia...
- Delle scarpe, forse...Ma non so se ne abbiamo di suo gusto... - conclude fissandomi gli stivaletti neri malconci.
- Guardi, non mi serve niente...
- Ne è proprio sicura? - e di nuovo quello sguardo di compatimento e disgusto.
- Niente che lei possa darmi, sicuramente.
Vorrei aver risposto così. Ma mi sento limitata a dire:
- No, grazie, mi siedo qui ad aspettare la mia amica...
- Il pouf è per i clienti che devono provare le nostre scarpe. Se vuole sedersi deve provare le nostre scarpe.
- Preferirei la morte.
Vorrei aver risposto così, restandomene comoda sul pouf più morbido del mondo. E invece:
- Allora aspetto fuori.
- Bene. Arrivederci.
Ma io ti
Epilogo.
Che fine hanno fatto i personaggi della storia?
Giada ha comprato il vestito nero al quaranta per cento, l'ha messo due volte.
La Commessa Stronza lavora ancora nel negozio del centro con i manichini senza faccia, si finge quasi umana con le clienti da mezzo milione di euro, tratta da stronza tutti gli altri.
Io mi attacco tipo ventosa con mani, piedi e lingua ad ogni vetrina che esponga qualcosa che mi piace e che costa troppo. Le due condizioni di solito si sostengono a vicenda e non si abbandonano mai.
"Sarò mai milionaria?", mi chiedo sognante e malinconica. "Probabilmente no", mi rispondo, accennando un sorriso.
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