giovedì 24 dicembre 2020

Le luci di Natale




Le luci di Natale abbracciano le ringhiere dei balconi e punteggiano le finestre, la città si trasforma in una mappa illuminata che osservo con incanto, le speranze si accendono a intermittenza. 
Nel palazzo di fronte si è trasferita una nuova coppia, sulla trentina, con un bimbo piccolissimo; sono all'ultimo piano e sono stati i primi a mettere le luci, due stringhe su ogni terrazzo, luce calda fissa. 
Ogni tanto li sento litigare: lei lo sgrida perché lui ha sbagliato a comprare qualcosa, o gli dice che è l'ultima volta che si lascia convincere a fare qualcosa, o che il bambino la sta facendo impazzire e da sola non ce la fa a fare tutto. Potrebbero usarla per una pubblicità progresso che inviti la gente a restare single per sempre e a non fare figli. Però il bambino è adorabile con quel suo cappottino taglia zero, una cuffia di lana grossa in cui la sua faccina sprofonda, e quei passetti incerti che ti tengono col fiato sospeso. Gli inquilini di prima non mettevano mai luci a Natale, non mi stavano particolarmente simpatici, erano di quelli che salutano solo gli adulti e mai i bambini che sono con loro. Uno scambio di parole cortese, commenti sul tempo, la salute, la politica, ma neanche uno sguardo sotto al metro e cinquanta. Se ne sono andati poco tempo fa, da un giorno all'altro, senza salutare. 
La ragazza del terzo piano che fa sempre ginnastica in giardino ha decorato il balcone con lucine piccole come spilli, bianche e blu, che lampeggiano. Non mi ricordo mai come si chiama, credo Ilenia, o Ilaria. Lei una volta mi ha chiamato Sara, un'altra volta Giulia, quindi direi che siamo pari e patta.
Al secondo piano, Oscar ha appeso il suo Babbo Natale grassoccio che si arrampica e addobbato quel suo abete di plastica striminzito che fa quasi rimpiangere Spelacchio. Eppure, anche ai suoi addobbi tradizionali un po' malconci ci siamo abituati, e tiriamo un sospiro di sollievo quando li vediamo ricomparire. Quando ero piccola, Oscar era gentilissimo con me; non ha potuto avere figli, ma avrebbe voluto, e credo sarebbe stato uno di quei padri scanzonati che partecipano con convinzione a tutti i giochi che gli proponi, anche ai più assurdi. Come papà, che una volta ha accettato con entusiasmo persino di farsi truccare, quando ero nel periodo estetista&parrucchiera. Erano i primi anni novanta, i discorsi gender fluid non erano esattamente all'ordine del giorno.
Al primo piano, invece, abitano i Maiello, marito e moglie attorno ai settanta, ma vispi e vivaci come ci sogneremmo tutti di essere da vecchi. Sono una coppia da film, lui alto e affascinante come Ottavio Missoni, lei bella e dolce come Rosita. I Missoni sono una delle mie personali coppie ideali, di quelle che avrei voluto intervistare per sapere quale fosse il loro segreto. I Maiello vengono al secondo posto.  Si sono trasferiti qui da Napoli qualcosa come quarant'anni fa, così il loro accento è un ibrido ipnotico di napoletano ed emiliano. Quando parlano li ascolti rapita, sarà anche per il loro carisma, perché sono una di quelle coppie adorabili che finiscono uno le frasi dell'altro, ma non in un modo stucchevole che risveglia gli istinti omicidi, in modo tenero e affascinante. A guardarli ti viene da credere che esista ancora un po' di magia. I Maiello con le luci non si risparmiano mai: steli luminosi cadono dall'alto come una cascata cosparsa di stelle e piccoli punti luce decorano tutte le curatissime piantine della signora Agata. È un piacere andare a trovarla per un tè e una fetta di pandoro; non ti rovescerà mai parole addosso, solo per il gusto di poterle pronunciare, sa ascoltare e leggerti, anche soltanto con lo sguardo e il sorriso. Chiara, che abita nell'appartamento di fronte a quello dei Maiello, è davvero fortunata; ricordo di essere stata un po' gelosa di lei, quando si è trasferita qui. Adesso sta preparando due esami per la sessione invernale e ha deciso di non tornare a casa per Natale, perché dice che lì ci sono troppe distrazioni. Credo che qui abbia trovato un pezzetto di famiglia che non ha mai avuto, e cerchi in tutti i modi di tenerselo stretto. A volte succede di riconoscersi in alcune persone e di sentire che finalmente loro ti vedono come sei, o, perlomeno, come vorresti essere visto, come diceva Fitzgerald parlando di Gatsby e della sua abilità nel trattare gli altri, nel metterli a loro agio e nel farli sentire speciali. Chiara non ha messo luci alle finestre, solo un alberello di piccola taglia sul davanzale, con palline colorate e una stella dorata sulla punta. Non è particolarmente allegro, ha quell'aspetto dimesso che nei giorni di festa come questi potrebbe spingermi alle lacrime: è quello che io chiamo "effetto Piccolo Timmy", e può essere devastante.  
Al piano terra abitano i signori Berzieri, e loro, puntuali come ogni Natale, hanno addobbato con statuine del presepe e con la stella cometa fluorescente, luminaria che potreste trovare tranquillamente in una Chapel of Love di Las Vegas, e che con il presepe crea un effetto quantomeno insolito.
Quelli che vivono accanto, invece, si sono adoperati a ricoprire i vetri di tutte le finestre con fiocchi di neve ritagliati dalla carta; il risultato è molto più carino di quanto si possa immaginare. I Gallera, dall'altro lato, noti per la loro tendenza all'esagerazione, hanno tirato fuori la solita slitta con le renne da appendere al muro, le cui lucine non solo lampeggiano, ma lo fanno al ritmo di Jingle Bells. Di Babbi Natale rampicanti loro ne hanno tre o quattro, e stavolta addirittura hanno scovato la neve finta con cui decorare il tetto e i profili delle finestre. 
All'ultimo piano, invece, Tiziana è rimasta sola. Quest'anno non accenderà luci per Natale, ma quando la notte è buia e vede quelle degli altri, non può fare a meno di sorridere. 





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