martedì 10 dicembre 2019

L'ultimo giorno (parte 1)


Finiva sempre di lavorare alle diciotto. Alle sei in punto, passo dopo passo si lasciava le scale alle spalle e varcava la porticina scorrevole smaltata di ottone. Tic-tac, l’orologio segnava, di nuovo, le sei. Quello però era l’ultimo giorno. L’ultimo giorno di lavoro della sua vita, dal lunedì successivo non si sarebbe più dovuto alzare alle sette di mattina, non avrebbe più indossato la giacca e la cravatta e, potreste scommetterci, non avrebbe più impugnato la valigetta marrone che gli era stata regalata dalla madre per il suo primo giorno di lavoro. Non gli sarebbe più servita. Ed era quella forse l’unica cosa di cui non avrebbe mai sentito la mancanza.

Era stata acquistata nell’outlet di un negozio del centro, l’outlet però si trovava in periferia e la signora Prefetti, sua madre, aveva chiesto proprio a lui di essere accompagnata fin laggiù per sbrigare questa faccenda. “Non permetterei mai che mio figlio iniziasse il primo giorno con una borsaccia tutta vecchia e sporca, che si porta dietro da dieci anni. È un miracolo che si regga ancora, quella sacca da quattro soldi”. Così la mattinata era trascorsa tra negozi fotocopia e buoni affari, e la scelta della borsa perfetta si era consumata lentamente. Mentre la madre sciorinava domande e abbozzava sorrisi di dovuta cortesia alla commessa, lui, mani intrecciate mollemente dietro la schiena, si guardava attorno, scrutando con forzato interesse le valigette in fila, come se qualcuna all’improvviso potesse davvero trasmettergli “qualcosa”. Ma erano solo valigette. Tutte simili, uguali per giunta, noiosamente allineate. Aveva allora sollevato lo sguardo al soffitto del negozio, e immaginato di passargli oltre, attraverso, balzando col corpo fuori da quella stanza, e salendo sempre più su, negozio dopo negozio, fino ad arrivare agli uffici, e poi su fino al cielo. La madre che urlava: “Ma dove vai, Tonino? Dove vai? Che dobbiamo sceglierti la valigetta perfettaa! Domani inizi a lavoraree!”.

- Tonino ma…Tonino!! Domani inizi a lavorare, ci manca mica molto, ce lo vuoi dare un parere?? Quale ti piace di più, questa o questa?

Tonino scosse la testa come a mandar via il pulviscolo.

- Sono uguali mamma, scegli tu, davvero.

- Uguali? Uguali! Ma l’ha sentito? Uguali dice! È proprio vero che gli uomini di queste cose…Sa, ho capito che ci devo pensare io come al solito. Signorina, mi dica, questa valigetta la vede più adatta a un geometra? Perché mio figlio è commercialista, mica geometra. Son due cose diverse.

Dopo ore di travaglio, la scelta era stata compiuta. Anzi no, ma sì sì, dopotutto la migliore era quella lì, la prima, che le era piaciuta subito, alla madre, appena l’aveva vista, appena era entrata nel negozio.

- Tonino sa, per favore, vai a farti un giretto lì che io magari vedo di finire qua e andiamo a casa.

Tonino si era allontanato ondeggiando leggermente da un piede all’altro, con quella camminata flemmatica che la madre gli rimproverava; diceva che la faceva innervosire. Si era fermato davanti alla vetrina di fronte, il suo riflesso nello specchio lo sorprendeva sempre, risvegliando un’ilarità infantile e un sorrisetto quasi compiaciuto.

- Grazieee eh, graziee, è stata gentile, gentilissima. Tonino hai visto che bella ragazza? Carina, no?
A vederla così non lo diresti mai che ha quarant' anni! Ma ci pensi, quaranta? Ma infatti quando si è piegata per togliere l’etichetta, l’ho vista da vicino e aveva certe rughe sugli occhi, ma delle rughe che non ho nemmeno io che ho dieci anni di più. Io non ce le ho mica quelle rughe lì, guarda – e sollevò gli occhiali e poi il mento, per esibire il viso in bella mostra.

Tonino annuiva e sorrideva. Il freddo si era fatto più pungente, e pizzicava anche attraverso il cappotto.

- Non abbiamo mica finito eh, ormai che siamo qui devo vedere per le lenzuola, ché qui si fanno buoni affari.

Erano forse le quattro quando imboccarono l’uscita dell’outlet, sbattendo contro un malinconico imprevisto…



 (continua…)



 

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