giovedì 19 dicembre 2019

Qualcosa di personale



Ho paura di dimenticarmi. Ho paura che mi dimenticherò di quanto fa male in questo momento, di come la delusione abbia scavato in me come i tarli nel legno, lasciandomi trivellata di colpi, coi vuoti d'aria, gli spifferi ovunque, e questa paura che non ricordavo da un bel po' di tempo.
Vorrei distruggermi, ma l'ho già fatto, e so che poi arriva sempre il momento di ricostruirsi, ed è solo più difficile. Che disdetta essere il proprio peggior nemico, con una mano sventolare la bandierina che fa il tifo per te, e con l'altra nascondere dietro la schiena un coltello che finirai per usare, sferrando il colpo finale. Questo non è un racconto. O forse ti racconto di me, e questo è il racconto di come so rifare sempre lo stesso errore, ogni volta lo stesso, con minime, impercettibili variazioni.
Ti racconto dei sogni che lascio ammuffire nei cassetti, dell'aria malsana che lascio entrare nei miei polmoni, degli antidolorifici dell'abitudine con cui mi avveleno il fegato, del cibo che non riesco a masticare, delle finestre sbarrate, delle porte chiuse a chiave. Ti racconto di tutti quei miraggi nel deserto che mi hanno tenuta viva per un po', quando sentivo i pori della pelle aprirsi e le labbra schiudersi per dissetarsi, e poi, sempre, ricadevo a faccia in giù sulla sabbia.
Ti racconto di come possono essere buie certe notti, quando a tenerti compagnia ci sono solo le tue angosce, il tuo respiro inquieto, il tuo stomaco che si contorce. Ho creduto a un sacco di bugie perché la verità mi dava i brividi. La verità però di notte scintilla, ed è una luce che ferisce gli occhi e scotta la pelle, la verità di notte fa rumore ed è un rumore che ti scuote le ossa e ti fa tremare.


Abbiamo dato troppo potere agli altri, non è vero? Destituite del nostro valore, abbiamo lasciato che gli altri ci dicessero se contiamo qualcosa, in che misura, a che prezzo, in che ruolo, da quale angolazione. Qual è il nostro profilo migliore? E perché dobbiamo mostrare solo quello e odiare e negare tutto il resto? Siamo foto profilo, nickname anonimi, siamo fantasmi, foto sulle tombe di una bacheca che è come un cimitero: tante lapidi tutte uguali.
Vogliamo lasciare un segno eppure non abbiamo niente da dire, solo cose da dimostrare.
Vogliamo condividere eppure siamo divisi, noi in vetrina e gli altri ad applaudire o lanciare pomodori. Io dietro a uno schermo, tu dietro al tuo. Eppure questa vita sottovuoto la giudico male fino a un certo punto, perché non ne saprei vivere un'altra. Mi sento a disagio in entrambi i casi, online e offline, cosa conta, perdo sempre.


Ci avviciniamo a Natale, questo decennio è quasi finito e a me è sembrato una lunga partita a poker in cui non ho fatto altro che bluffare, e non vincere niente. Forse è arrivato il momento di rimescolare le carte, sperare nella prossima mano. Ma le regole bisogna seguirle oppure infrangerle? Io ancora non l'ho capito.




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