mercoledì 4 dicembre 2019

Questa non è una storia d'amore (parte 2)



- Ma che dia…

Lui prese il cellulare dalla tasca e gli cadde di mano, si inginocchiò per recuperarlo e nel farlo le sfiorò una gamba. Nessuno dei due disse qualcosa al riguardo. Intanto l'ansia di lei cresceva, tenuta a bada da quell'umorismo un po' isterico che ti pervade davanti alle situazioni tragicomiche, e ti stordisce un po'.

- Almeno ora vediamo qualcosa – disse lui tra i sospiri dopo aver acceso la torcia del cellulare.

Iniziò a sbuffare pesantemente.

- Soffri di claustrofobia? - gli domandò lei timorosa.

- No, soffro di caldo – rispose lui con l'ombra di un sorriso prosaico, e intanto si tolse a fatica la giacca. Lo spazio per muoversi sembrava restringersi ad ogni respiro, e lì dentro c'era così caldo che novembre sembrava un ricordo avvolto dalla nebbia.

- Tu soffri di claustrofobia? - fece lui di rimando.

- No no…

“Per ora no”, avrebbe voluto rispondere lei. Perché l'ansia della situazione avrebbe potuto trasformarsi e prendere chissà quali forme inaspettate.

- Proviamo a suonare…

Aiutandosi con la luce della torcia, schiacciò insistentemente il pulsante d'emergenza dell'ascensore, quello giallo con la campanella che sembra sia lì per fare colore e invece a quanto pare serve a qualcosa. Forse. Nessuno rispose.


- Ehii! Siamo chiusi qui dentro!!


14:36

Lui fece qualche battuta per stemperare la tensione, battute dimenticabili che per questo non verranno riportate. Lei comunque sorrise, grata per quell'accortezza, e si mise a pensare che forse quella era la volta buona, che l'ascensore era un segno.

- Maledizione, io dopo ho un altro appuntamento – si lasciò sfuggire lui.

Forse, dopotutto, l'ascensore non era un segno. Che modo bizzarro sarebbe, poi, per mandare un segno? Ok che il destino è beffardo, ma agisce comunque secondo una sua logica.

- Aspetta, chiamo l'amministratore del palazzo, devo avere il suo numero...Credo…

Ed ecco che nella nostra storia compare l'amministratore del palazzo, ma la sua presenza sarà breve e poco incisiva, ne sentiremo solo la voce al cellulare.

- Dovete saltare! Quando si blocca si fa così...Saltate contemporaneamente!

A entrambi sfuggì un sorriso.

- Ok...al mio tre? Uno...Due...Tre…

- Non funziona.

- Provate di nuovo!

- Uno...Due...Tre…

L'ascensore sogghignò, poi rimase immobile.



14:45

- Devo avvisare che farò tardi – disse a un certo punto lui.

- Ma, dico, ti sembra il momento? Siamo qui da 127 ore come James Franco, il mio cellulare è scarico, c'è buio, chissenefrega del tuo appuntamento – pensò lei.

- Sì, ciao, buongiorno. Scusami ma farò tardi, sono rimasto bloccato in ascensore con la ragazza delle due.

Forse fu la disperazione, ma mentre lui parlava al telefono lei iniziò a tastare le pareti tutt' attorno, finché non sentì nell'angolo in alto a destra, nell'intercapedine tra l'ascensore e la sua porta esterna, una specie di maniglia fredda, una levetta.

- Qui c'è qualcosa!

- Ti richiamo dopo, ciao.

Lui toccò dove lei aveva indicato e trovò il punto preciso. La salvezza. Forse.

- La porta esterna dell'ascensore si apre...Se noi riuscissimo a...

Tirò verso il basso la levetta fredda e impolverata e le porte dell'ascensore si aprirono, finalmente.
La vita di lei era così: si fermava sempre a un passo dalla soluzione, la scorgeva, ma non aveva mai il coraggio di andare fino in fondo, di tirare le levette giuste. Davanti a loro, il corridoio più arioso del mondo, che lui percorse a grandi passi.

Entrarono nell'appartamento.

- Allora, sono circa cinquanta metri quadrati, commerciali. Cucina e soggiorno in un unico locale, e c'è un piccolo terrazzino, poi la camera da letto, con balcone, e il bagno, senza finestra. Qui forse si dovrebbero cambiare le piastrelle, sono un po' sbeccate. Le spese condominiali sono nella media, il palazzo è ben tenuto, c'è il giardino che abbiamo visto entrando e... L'ascensore...Beh quello forse dovrebbero cambiarlo…

Accennò un sorriso.

Il posto non era affatto male. Il quartiere le piaceva, il palazzo anche, l'appartamento, certo, era piccolo, ma forse il più grande che poteva permettersi. Già si vedeva a prendere il basilico dal
piccolo terrazzino e a cucinare dove adesso c'erano un secchio di vernice bianca e un rullo abbandonato. La televisione lì, la libreria, invece, là. E magari una poltroncina, al posto di quell'altro secchio di vernice vuoto sul cui fondo si era formata una patina grigiastra. Aveva sempre desiderato una poltroncina e un angolo lettura. Tutto avrebbe preso il suo posto, come in una melodia suonata a memoria. Basta con le urla, i pianti, i fantasmi del passato, le notti insonni e le mattine amare. Quell'appartamento poteva essere un nuovo inizio verniciato di bianco.

- E quanto costa?

- 120.000 €, più, ovviamente, le spese di agenzia. Noi di solito prendiamo il tre percento.

Ve l'avevo detto...Questa, decisamente, non è una storia d'amore.

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