sabato 21 dicembre 2019

Notte stellata (parte 2)



Il suono del cellulare che squillava dall'altra stanza lo riportò al presente. Una telefonata di lavoro, assurdo che ancora non lo lasciassero in pace. Erano ormai le otto e mezza di sera, e l'ultimo supermercato ancora aperto della zona avrebbe chiuso alle nove. Poteva ancora fare in tempo.

- Sara, forza, andiamo a fare la spesa...E a prendere il pandoro per i nonni…

- Io sono già pronta – disse la bambina volteggiando nel suo cappottino rosa.

- Bene, bene...Allora andiamo, non abbiamo molto tempo…

Saltarono in macchina e si diressero verso il supermercato. L'aria era umida e gelida e appannava i respiri; lui si rincantucciò nel cappotto dal bavero alzato, mentre Sara saltellava tenendolo per mano. La periferia era quasi vuota a quell'ora, nonostante le feste, e la luce al neon del piccolo supermercato irradiava lo spazio conferendogli un'irrealtà sospesa e angosciosa, come nel drugstore all'angolo di una città straniera e abbandonata, dipinta da uno dei suoi pittori preferiti.
Le poche persone che c'erano camminavano come fantasmi, attraversandosi senza vedersi, senza toccarsi. Comprarono il necessario, seguendo la lista della spesa, e naturalmente il pandoro da portare ai nonni. Lui aveva fretta di andarsene, tornare a casa, chiudere la porta e lasciare fuori quella nervosa sensazione che lo disturbava, insinuandosi sotto il cappotto, sfidando le barriere della sua razionalità. I centesimi del resto caddero per terra con un rumore cristallino ed irritante.
Subito Sara si inginocchiò a terra per raccoglierli.

- Andiamo Sara, fa lo stesso, lascia stare...Dai, tirati su…

- Ma papà…

- Andiamo.

Fuori dal supermercato, seduta per terra, con la schiena appoggiata al muro e il cappuccio della felpa calato sul viso, una ragazza stava dondolando la testa lentamente, come al ritmo di una musica che sentiva solo lei. Aveva davanti ai piedi un cappello nero, contenente una manciata di monetine di rame e un mozzicone di sigaretta. Lui non poté evitare di fissarla: era così giovane che avrebbe potuto ancora andare a scuola, non la vedeva bene in volto per via della felpa e della frangia bionda che le ricadeva sugli occhi. La notte si era fatta più scura, il cielo si animò di vortici di nubi, si alzò un vento freddo che mosse gli alberi, i cespugli, persino le case sembravano ondeggiare nelle tenebre. Chissà qual era la sua storia, chissà come ci era finita lì quella ragazza, sola, in una notte di Natale, davanti a un supermercato di una periferia spaventosa, così fragile e indifesa in un'oscurità che avrebbe inghiottito chiunque, che aveva turbato anche lui, che pure era di passaggio. Sarebbe tornato a casa, e lei sarebbe rimasta lì. Aveva una casa ad accoglierla, una famiglia che la aspettava? Aveva mai avuto queste cose e se era così, come le aveva perdute? Perché?
Ebbe l'istinto di chiederle almeno una di queste cose, o limitarsi a domandarle: “Hai bisogno di aiuto?” Poi si disse che forse, dopotutto, stava esagerando nel suo morboso interesse per quella ragazza, nel bisogno di saperne di più di lei e, addirittura, nella presunzione di dover fare qualcosa per aiutarla. Purtroppo, ce ne sono tanti ragazzi così, per le strade, anime randagie con cui la vita è stata crudele, condannati da un destino troppo pesante perché uno sconosciuto possa intervenire e, pur con tutta la buona volontà e la compassione, fare davvero qualcosa per loro, per salvarli.
Certo, era triste, sconfortante, vedere quel lato della realtà così osceno invadere le strade della propria quotidianità. Era difficile per lui guardare da un'altra parte senza sentire la tenaglia del rimorso e del senso di colpa addentargli lo stomaco. Odiava come il brutto della vita, il grottesco, il mostruoso, l'assurdo arrivavano a sporcare e inquinare irreparabilmente il bello dell'arte, il suo ideale di purezza e perfezione. Ma in fondo tutto ciò non era affar suo, non lo riguardava e non poteva farci molto, se non cercare di tenere quel mondo sotterraneo, quella bruttezza deforme della vita, il più lontano possibile.
Ed ecco che, quasi come in una risposta beffarda e orribile a quei suoi pensieri, la ragazza iniziò a bisbigliare nervosamente qualcosa e tirò fuori dalla tasca della felpa una cordicella marrone scura, simile a una cannuccia di plastica.
Fu allora che lui si voltò e notò con terrore che Sara non c'era, era scomparsa. Sentì l'eco della sua risata gorgogliare in sottofondo.

- Sara?! Sara!! - urlò disperato mentre il cielo gli cadeva addosso, le pennellate ondulate e materiche lo avvolgevano fino a stordirlo.

- Papà sono qui! - disse lei riapparendo alle sue spalle, ignara dell'angoscia del padre.

Lui la strinse in un abbraccio, la prese per mano e si affrettò a portarla via. Ma i centesimi caddero per terra con un rumore cristallino ed irritante.

- Scusa, volevo metterli nel tuo cappello... - disse Sara guardando rapita e assorta la ragazza bionda seduta per terra.

- Sara! - urlò il padre sconvolto e la strattonò perché lo seguisse, ma non prima di riuscire a vedere la ragazza bionda che ringraziava la sua bambina con un dolce sorriso che rivelava quelle sue tenere fossette.



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